Lo scrittore si racconta: Matteo B. Bianchi


Con Matteo B. Bianchi e i bambini della scuola elementare Vespri Siciliani di Milano si è parlato di ispirazione, della vita di uno scrittore – dal guadagno economico al tempo dedicato alla scrittura, dalla scelta della copertina a come andare avanti quando ci si blocca – di libri e di molto altro. È stato un incontro ricco di suggestioni, coronato nella stesura di un racconto giallo dal titolo “Furto a Scuola”.

 Quando avevi la nostra età scrivevi?

Quando avevo la vostra età leggevo i gialli per ragazzi. Uscivano tutte le settimane in edicola. Non erano storie cruente e a me piaceva molto leggerle. Quando ho iniziato a scrivere, mi ispiravo a quei modelli. Però non ero tanto bravo a inventarmi i personaggi, quindi prendevo come esempio i miei compagni di classe. Mi piaceva proprio il libro come oggetto. Quindi prendevo un quaderno e scrivevo il titolo sulla copertina. Volevo creare un vero e proprio libro. Poi mi mettevo a scrivere, ma dopo quattro pagine ero già stufo. Quando sei un bambino non hai l’idea che fare lo scrittore possa essere un lavoro. Un giorno la maestra ci aveva dato un tema da svolgere. Ero in quinta elementare, e ricordo che il titolo era una cosa tipo “Cosa vuoi fare da grande”. Io avevo scritto che volevo fare il regista. Avevo preso anche un bel voto. Qualche settimana dopo, ricordo che siamo andati in gita. Eravamo sull’autobus e chiacchierando la maestra mi chiese se avevo deciso cosa fare da grande. Io le risposi che volevo fare il regista. E lei mi disse ma no, come lavoro vero! Restai malissimo alla sua risposta. Quando lo dicevo ai miei genitori, mi rispondevano che per fare il regista devi essere ricco. È difficile da bambino credere quindi di poter ambire a un lavoro artistico.

Hai mai scritto libri horror?

Ne ho scritto uno per il Corriere della Sera. Si intitola Al sangue, e racconta di una ragazza che diventa amica di uno zombie.

Quando hai scritto il primo libro?

Il primo libro l’ho pubblicato a 32 anni.

Hai mai scritto libri per bambini?

Ho scritto un libro per bambini: Tu cher dallle stelle.

Quando scrivi?

Il bello della scrittura è che puoi farlo mentre fai un altro lavoro. La scrittura è qualcosa che puoi fare anche se non diventi uno scrittore.

Come ti vengono le idee?

Secondo me le idee ci sono sempre. Di idee se ne hanno sempre tante. La difficoltà nasce nel momento in cui bisogna scriverle. Uno scrittore ha sempre delle idee. Ti vengono un po’ dappertutto. A me capita spesso per strada o sulla metro. Osservo le persone e mi viene da pensare chissà cosa fanno nella vita. Oppure quando capita di ascoltare altre persone conversare al telefono Molti anni fa, lavoravo con dei bambini. Li abbiamo accompagnati per una gita. I bambini stavano giocando al parco, quando a un certo punto un signore anziano si è seduto vicino a me e ha cominciato a raccontarmi la sua vita. Poi si è scusato e ha detto che non ha mai nessuno con cui parlare. Vorrei scrivere la storia di questo signore.

Nel tempo libero scrivi soltanto?

Quando fai lo scrittore, è un po’ difficile capire quando si può considerare tempo libero e quando no. La quasi maggior parte degli scrittori non vive solo di libri. In genere deve fare anche altro. Se ad esempio per scrivere un libro ci metti due anni, non hai di che campare.

Quanto si guadagna in media a fare lo scrittore?

Si guadagna a seconda di quando vendi.

Quel libro lì quante copie hai venduto?

Questo ne ha vendute più di trentamila (Generations of Love ndr) Mi è capitato di scrivere per il cinema. Ho scritto la sceneggiatura di tanti cortometraggi per Sky. Hanno preso i diritti per fare film dai miei libri. Ho scritto anche sceneggiature che poi sono state acquistate per dei film. Riuscire a fare un film è una cosa molto complessa, e capita a volte che poi non si riesca a fare.

Qual è il libro dove hai impiegato più tempo?

È difficile dirlo. C’è chi scrive dalla mattina alla sera, isolato in una casa in montagna. Io per più di tre ore non ce la faccio. Sono abbastanza incostante.

Hai mai scritto libri tradotti all’estero?

Sì, tradotti in Francia, Spagna e Slovenia. Poi antologie in Olanda e in Germania.

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Ti capita mai di bloccarti?

Quando hai appena iniziato a scrivere una cosa, sei pieno di entusiasmo. Poi, man mano che procedi, cala. Scrivere è impegnativo perché è una cosa solitaria. Che tu sia uno sconosciuto o uno scrittore famoso, sei da solo. Devi chiuderti da solo in una stanza e scrivere. All’inizio hai più voglia. Poi andare avanti è più complicato, perché devi sviluppare l’idea da cui sei partito. Io penso a una storia. Penso più o meno a come inizia, come si sviluppa e come finisce. Nel momento in cui ho dei momenti di stanca, io salto. Se non so come sviluppare quella parte della storia, la salto. Se ho dubbi su come andare avanti in alcune parti, passo a scrivere quella successiva, quella finale magari. Scrivo per punti, un pezzo, un altro pezzo e un altro ancora, e poi metto tutto insieme.

Tu scrivi subito in bella copia?

Io scrivo al computer e correggo direttamente. La bella copia non esiste più. Ci sono scrittori che fanno una prima stesura scritta male e in fretta. Per loro è meglio scriverla tutta, cosi hanno davanti tutta storia. Poi fanno la seconda stesura. Io invece ho la tendenza a scrivere e riscrivere lo stesso pezzo. Io scrivo dei capitoli, li stampo, e inizio a correggerli subito. Quando fai lo scrittore di professione, una volta terminato il lavoro consegni la storia all’editore, che a sua volta la fa leggere a un editor che ti aiuta a sistemarla. Prima di arrivare al lettore finale, c’e un altro passaggio.

Qual è stato il tuo libro più lungo?

Esperimenti di felicità provvisoria è il libro più lungo che ho scritto

Se tu sai come sarà la storia, come fai a trasformarla in un libro?

Ci sono storie che puoi raccontare in un racconto e storie che puoi raccontare in un romanzo. Nel racconto puoi raccontare un evento, anche piccolo. In un romanzo puoi aggiungere molte più vicende concatenate. Ci sono anche un po’ di trucchi per approfondire una storia. Nei libri ci sono i personaggi principali e secondari. Se racconti la tua famiglia, i personaggi principali sono la tua famiglia, e i personaggi secondari sono quelli che ruotano attorno alla tua famiglia (il portinaio, il postino). Sono personaggi che diventano importanti perché hanno a che fare con la tua famiglia. È un po’ come con la macchina fotografica, con lo zoom. Posso fare una foto a tutti voi, o solo a te, dove si noteranno di più i dettagli. Una storia più grande comprende storie secondarie e dettagli.

Come scegli la copertina?

La scegli insieme all’editore che ti fa delle proposte. A volte le copertine servono per dare una sensazione di ciò che contiene il libro. Una moda che c’è ora è di mettere in copertina primi piani di uomini o donne. Trovare la copertina di Apocalisse a domicilio è stato difficile. È la storia di un uomo cui dicono “tu tra due mesi morirai”. E l’uomo dice cosa faccio per questi due mesi? Mi avevano proposto l’immagine di un uomo con una pistola puntata alla tempia. Poi hanno trovato l’immagine di un uomo sdraiato su un pontile, e sotto nuvole. È un’immagine che funziona, che da la suggestione del contenuto del libro.

Alla fine è morto?

Alla fine non lo dico. Ci sono lettori che mi hanno scritto risentiti.

Quando uno scrittore finisce un libro senza svelare il finale è perché non lo sa neanche lui?

Lo sa. Tu scrivi una storia, ma poi il lettore la interpreta a modo suo.

Che genere di libri ti piace scrivere?

Io ho scritto 3 libri autobiografici. Poi ho scritto un libro sui bambini malati con cui lavoravo. Poi ho scritto il libro di questo qua che deve morire. Poi ho scritto un racconto horror. Ora sto scrivendo un giallo. Non l’ho mai fatto prima, e voglio sperimentare. Il bello di quando scrivi è che puoi fare quello che vuoi. Io ho scritto diversi racconti in cui i protagonisti sono donne o vecchi, ma io non sono né le une né gli altri.

Perché ti piace scrivere?

Non lo so. Non so neanche se mi piace scrivere. Ora mi sembra una fatica, ma voglio andare avanti.  Ho queste idee per le storie e voglio raccontarle È una cosa che ti senti dentro, forte. Ci vuole tempo per decidere una cosa simile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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