Lo scrittore si racconta: Fabio Geda


Alla Grande Fabbrica delle Parole, durante l’intervista dei ragazzi della 2°C della scuola media Narcisi di Milano allo scrittore Fabio Geda, si è parlato proprio di tutto, dalla signora in giallo del celebre telefilm alla regola del What If delle scuole di storytelling americane, fino a Spiderman che bacia la bella addormentata. Insomma, un incontro davvero unico che riportiamo qui di seguito. 

Come nasce un libro?

Ci sono libri che nascono perché incontri una persona, o una storia, e pensi che quella storia sia interessantissima. Questo libro è nato così(Nel mare ci sono i coccodrilli ndr). È la storia di un ragazzino afghano che ha viaggiato dai 10 ai 14 anni da solo, dall’Afghanistan all’italia, attraversando il Pakistan, la Turchia, la Grecia.

Questo perché lui è di etnia Hazara, un’etnia trattata molto male nel suo paese. Sua madre ha pensato di portarlo in Pakistan e lasciarlo lì, per salvarlo.

Il padre di Enaiatollah (protagonista del libro ndr) viene ucciso dopo un assalto al camion con cui lavorava. Il ricco signore per cui lavorava va dalla madre di Enaiatollah e anziché porgere le condoglianze e dimostrare la vicinanza alla famiglia, le chiede il risarcimento per il danno subito,, visto che il marito non era riuscito a difendere la sua merce. Per non correre il rischio di dover dare il figlio come schiavo in risarcimento, la mamma porta Enayatollah in Pakistan e lo lascia per strada per salvargli la vita. Qui Enayatollah inizia a fare vita di strada.

 Alla fine Enayatollah e la madre si reincontrano?

Purtroppo no. Il telefono è rimasto l’unico mezzo di comunicazione tra di loro per tutti questi anni. Il libro finisce con la telefonata di Enayatollah alla mamma, la prima di molte altre telefonate.

 Quanti anni ha adesso Ena?

25 anni. E’ arrivato in Italia a 14 anni. In realtà non sa neanche con esattezza quanti anni ha, perché dove vive non si usa il calendario come lo usiamo noi. Si regolano con le stagioni. Non c’è un’anagrafe. Sono circa 10 anni che è qui. Ha recuperato le scuole, ha fatto le medie, il diploma e ora si laureerà in Scienze Politiche. 

Questo dimostra che quando uno ha un desiderio nella vita, può realizzarlo. Ha scelto la facoltà di Scienze politiche perché vorrebbe fare qualcosa per il suo paese d’origine, per l’Afghanistan.

Tu sei andato di persona da Ena?

No, l’ho incontrato in Italia. Entrambi abitiamo a Torino, dove ci siamo incontrati e conosciuti. Così abbiamo pensato di scrivere la sua storia. Io ho raccontato quei luoghi senza esserci mai stato, ed è stato difficile. Un consiglio da scrittore a scrittori: conviene sempre scrivere di ciò che si conosce. Perché altrimenti si rischia di scrivere qualcosa che altri hanno già scritto. In questo caso però non ho inventato nulla, ma ho scritto cose vere, accadute a una persona. 

Dico sempre che come scrittore sono una specie di Dottor Frankenstein. Prendo pezzi di vite e le cucio insieme. Raramente invento qualcosa. Se ognuno di voi raccontasse qua una cosa straordinaria che gli è successo nella vita, una cosa bella o dolorosa, noi potremmo mettere tutte insieme queste cose emozionanti che vi sono accadute e trasformarle in una vita straordinaria. Pensate alla signora in giallo a Cabot Cove: ogni giorno muore una persona. E’ evidente che certe cose non accadono nella realtà. Ma la finzione è quella cosa che sta a metà strada dalla realtà, che è probabile.

Come si fa a farsi venire un’idea e come iniziare una storia? 

La cosa più difficile non è scrivere, ma trovare le idee. Se uno sa cosa dire, poi lo dice. Il problema è come faccio a sapere cosa dire?

Io stesso alla vostra età, scrivevo racconti, inventavo storie. Mi capitava di sentire una storia molto bella, o di vedere un cartone animato divertente, e mi piaceva di inventare una storia a partire da quella. Dipende da cosa dovete scrivere. La scrittura non è tutta uguale. Ad esempio, nei 100 m piani in atletica, si corre giusto? La maratona, si corre, giusto? Ma fare la maratona e fare i 100 m è diverso. Il maratoneta è uno longilineo, con i polmoni grandi, un centometrista è tutto muscoli. Allo stesso modo, scrivere un tema tipo cosa hai fatto ieri, o scrivere un tema tipo commenta un articolo sul giornale, sono due cose molto diverse.

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Un altro discorso è quando vi dicono inventate una storia: è la cosa peggiore che possono dirvi. E sapete perché? Perché avete qualunque possibilità sulla faccia della terra. E questo vi blocca. Ma se io vi dicessi inventate una storia ambientata in un bosco, con un ragazzo e una ragazza come protagonisti, sarebbe più facile fare una storia. Questo si chiama darsi un limite creativo. Più si riduce la possibilità, più giova alla creatività. Riguardo l’altra domanda invece, su come iniziare una a scrivere una storia, gli americani nello storytelling usano i What If? – E se? – Porsi la domanda di cosa accadrebbe se?L’unico modo per mettere in moto una storia, è mettere un’immagine cui noi stessi non sappiamo dare una spiegazione. 

Come cominciare? 

La cosa più conveniente è sempre iniziare nel mezzo dell’azione. A partire da quello, si sviluppa il resto della storia, a seconda delle domande che vi fate.

Quanto tempo ci vuole a scrivere un libro?

Dipende da libro. A scrivere questo (Nel mare ci sono i coccodrilli) ci abbiamo impiegato circa un anno

Ma perché la storia era lunga o perché è stato difficile per te scriverlo?

Ci abbiamo messo un anno perché per sei mesi abbiamo lavorato senza scrivere una parola. Prima di scrivere, c’è tutto un lavoro che nutre ciò che andrai a scrivere. Per sei mesi, io ed Ena abbiamo solo parlato. Pensate se ora vi chiedessi di ricostruire tutta la vostra vita fino gli 11 anni. Richiede lavoro, confronto. È difficile ricostruire la propria storia nei minimi dettagli. Se invece si parla con calma con ciascuno di voi, mese per mese si può ricostruire la vostra storia. Per sei mesi io ed Ena abbiamo solo parlato, con l’aiuto anche di altri ragazzi Afghani per aiutarci a ricostruire la storia. Per i mesi successivi invece, ho scritto.

Quando sono contento scrivo 5000, 6000 battute al giorno. Sono circa 3 pagine. Questo libro è di 150 pagine. Quindi per scriverlo ci ho messo circa 50 giorni. Tenendo conto del fatto che non scrivo tutti i giorni, perché faccio anche molte altre cose, ho impiegato più o meno quattro mesi.

Come ti sentivi quando Ena ti diceva cosa aveva provato?

Sai cos’è l’empatia? Provare dentro di te ciò che l’altro sente? Ecco. L’empatia è la magia delle storie. Le storie funzionano se quando il personaggio sulla pagina è triste, anche io lettore mi sento un po’ triste. Lo stesso vale per la felicità. Come scrittore, devo sentire questa cosa. Se come scrittore non sono empatico, non riuscirò mai a trovare le parole giuste per far sentire a te lettore quelle emozioni.

È difficile?

È una qualità. Io ho in modo molto naturale una propensione a capire come stanno le persone, e una certa facilità a sentire dentro di me anche in modo molto violento le emozioni delle persone. Sono molto sensibile alle emozioni che mi circondano. Ciò che devo fare come scrittore è trovare le parole giuste per trasmetterlo a te.

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È più facile scrivere qualcosa di reale o inventato?

Sono due cose diverse. Scrivere qualcosa di reale è più facile, ma hai la responsabilità di dire la verità. Inventare una storia invece, posso farlo come voglio, devo fare meno ricerche, ma sono più libero. Devo comunque scrivere qualcosa di sensato. Pensate all’uomo ragno. E’ plausibile come storia. 

Pensate ora a Biancaneve o alla Bella Addormentata. Sono favole. Eppure non facciamo una piega se il principe bacia la principessa. Ma se arrivasse l’Uomo Ragno a baciarla? Non ci crederemmo, perché non c’entra niente, non è la stessa storia. Perde la plausibilità. Il mondo che crei deve essere in qualche modo coeso, verosimile, credibile. L’Uomo Ragno va bene, ma se a un certo punto il suo nemico sono i puffi, bé, avete capito cosa intendo. Il mondo che crei deve avere delle regole interne.

Qual è stato l’ultimo libro che hai scritto?

Io ho scritto 5 romanzi, 1 monologo teatrale e 1 reportage su Tokyo, che è l’ultimo.

Sapete cosa significa Itadakimasu? Umilmente ricevo in dono. È un modo per dire buon appetito.

Qual è il prossimo libro che vorresti scrivere?

Mi piace molto cambiare. Vivo la scrittura come una grande avventura. Conoscere posti che non conoscevo, esplorarli. Una cosa che non ho mai fatto è scrivere una saga, una storia molto grande con tanti libri, ed è quanto sto facendo ora. Sto scrivendo una saga per ragazzi. Si intitola Berlin, è ambientata a Berlino ed è una storia che ha un innesco Science Fiction. Parla di un virus a Berlino Ovest negli anni ’70 che uccide solo gli adulti e resta latente nei ragazzi fino alla fine dell’adolescenza.

Hai mai scritto un libro che poi hai abbandonato?

Mi è successo col mio secondo romanzo. Ho cominciato a scrivere senza sapere davvero cosa volevo scrivere. Così era meglio chiudere una storia e cominciarne un’altra.

La storia di Berlin da dove nasce?

C’è un libro straordinario che mi ha ispirato, un libro vecchio, si intitola Il Signore delle Mosche. È la storia di un gruppo di ragazzini inglesi che durante una non meglio specificata guerra vengono mandati via dall’Inghilterra. L’aeroplano che li trasporta precipita, e tutti gli adulti che li accompagnano muoiono nell”incidente. I ragazzini sopravvivono e restano da soli su di un’isola deserta. Si dividono in due gruppi, che iniziano a comportarsi in modo molto diverso. 

Quando segui una pista per scrivere un libro nuovo ispirato a un libro già esistente, non hai paura di creare qualcosa di troppo simile?

Tutti i libri nascono da altri libri, ma come disse Picasso: i cattivi artisti copiano, i bravi artisti rubano. Io rubo sempre un sacco di cose a scrittori molto, molto più bravi di me. I grandi maestri servono a questo: sono da studiare e poi da amorevolmente e rispettosamente saccheggiare.

Quando scrivi un libro inventato, come fai a sapere che piacerà anche al pubblico?

È impossibile saperlo. Ma noi condividiamo spesso i gusti. È facile che qualcosa che piace a me, possa piacere a un altro gruppo di persone nel mondo. So che se scrivo qualcosa, a qualcuno piacerà, a qualcun altro farà schifo.

Non hai paura che non te lo pubblichino?

Non più. Quella paura ce l’hai al primo libro. È difficile poi che non ti pubblichino.

Ti mantieni pubblicando i libri?

Vivo soprattutto di libri venduti, ma faccio anche altre cose: tengo dei corsi di scrittura creativa, scrivo per la Stampa, gestisco qualche progetto.

Ti è mai capitato di scrivere un libro che non è stato pubblicato?

No.

Mai pensato a un libro che diventi un film?

Io non scrivo chiedendomi se un mio libro diventerà o meno un film, ma se dovesse capitare non mi importa che la storia venga rispettata, perché è impossibile. Mi piacerebbe che venisse trasformato. Alcuni miei romanzi sono diventati spettacoli teatrali, molto diversi da quanto avevo scritto. Il film tratto da Nel mare ci sono i coccodrilli è in produzione da cinque anni, e non credo se ne farà nulla, un po’ perché è molto costoso e un po’ perché secondo i produttori non è un film che gli italiani vorrebbero vedere al cinema.

I tuoi libri sono stati tradotti?

Nel mare ci sono i coccodrilli è stato tradotto in 25 lingue. Quando il libro mi arrivava a casa non capivo nemmeno che era il mio (tipo in coreano, o in russo).

Ci sono dei libri che tu sai dalla prima pagina come vanno a finire, che sono scritti male, e che comunque vendono un sacco di copie. Perché?

È vero. Secondo me perché esistono molti pubblici diversi. Forse quello che per te è scritto male, per molte altre persone non lo è. Questo significa che tu sei una lettrice consapevole. Per un lettore forte è più difficile trovare un libro che lo soddisfi, che riesca a stupirlo. Ma per la stragrande maggioranza dei lettori, i lettori deboli, anche una storia banale li soddisfa. Ciò non significa che un lettore debole è un lettore cattivo. E come per il gusto. Piu si mangia piu si raffina il gusto.

Fabio Geda

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