Qui di seguito, l’intervista che i bambini della 4 A della scuola elementare Ottolini Belgioioso hanno fatto alla poetessa e scrittrice Tiziana Cera Rosco.
Tiziana: «Quando mi piace un libro lo copio e scrivo a mano tutte le sue pagine».
Bambino: «Come fai a farti i libri?»
Tiziana: «Beh, non è così difficile. Decido il formato, ossia quanto lo desidero grande o piccolo o medio, poi su word scelgo il font ( mi piace tantissimo scegliere il font, alle volte ci passo delle ore) e cerco un’immagine che stia bene in copertina . a volte è bella anche l’immagine stessa della scrittura. E’ così che nascono i libri stampati. Poi man mano uno diventa non solo più pratico ma anche più esigente. Per gli ultimi libri che ho pubblicato per Cuoreinverso, che è una casa editrice nata proprio così, un pittore ha dipinto per me un quadro in cui c’era un uomo con cuore rosso rovesciato che è diventato il simbolo del progetto. Ed ho deciso che dentro ogni libretto, volevo ci fosse poi anche l’intero quadro riprodotto e che i libretti fossero numerati a mano. E’ una cosa che mi piace tantissimo numerare ogni libro. Perché ogni libro è una cosa a sé ma è legato a tutti gli altri. Infatti dopo che ho stampato, dopo aver ritagliato le pagine del libro una per una a mano, le lego insieme con un filo rosso. È importante, il filo rosso».
Bambino: «Come ti senti dopo aver pubblicato un libro?»
Tiziana: «Un libro che ho scritto io? Mi sento bene, perché quando le storie sono pubblicate non sono più solo mie, diventano anche degli altri. Se restassero tutte a me sarei molto grassa»
Bambino: «Quando scrivi esprimi tutti i tuoi sentimenti?»
Tiziana: «Diciamo che cerco di sentirli, capirli ed esprimerli. è una cosa molto complicata e mi concentro moltissimo, è come se lavorassi tutto il tempo, non è proprio un lavoro, è come cercare di ascoltare tutto, provi a rimanere concentrato e poi le parole arrivano. Quando sono in giro ho sempre con me un quadernetto. Se noto qualcosa che mi colpisce, lo scrivo. Altre volte succede il contrario e sono le parole che, come persone, colpiscono le cose. Scrivo anche quello. Poi, quando torno a casa, rileggo. A volte non capisco esattamente tutto quello che ho scritto e allora uso tutti i miei sentimenti per tornare su quelle parole e cercare di sapere cosa vogliono ancora dirmi. Se mi dicono ancora qualcosa e riesco a scrivere ecco, io sono felice perché sento di aver connesso tutto. È un bel compito scrivere».
Bambino: «La zia mi ha regalato un quaderno e io ho scritto la storia di una bambina che non sapeva camminare e poi trova gli amici all’inizio provavo pietà per lei, ma dopo ero felice».
Bambina: «Io ho scritto la storia di una bambina che viveva in un paesino dove tutti la sottovalutavano, la usavano come un oggetto, ma lei era molto intelligente voleva far vedere che aveva qualcosa in più degli altri. Incontra una bambina che la aiuta ad esprimere le cose che riusciva a fare. È una storia che mi è venuta».
Tiziana: «Da dove vengono questi racconti? Sono bambine che avete conosciuto? Perché la maggior parte dei temi di cui si scrive si trovano nella storia personale. Anche quella più segreta. Oppure nella natura»
Bambina: «Come ti vengono le idee?»
Tiziana: «In tanti modi. Ad esempio, dopo che ho letto un libro non posso più prestarlo, perché spesso, se il libro mi piace, è come avere un dialogo con qualcuno e allora ai margini delle pagine prendo nota delle idee che mi ha fatto venire questo dialogo col libro. Abbiamo tante possibilità quando iniziamo a scrivere. La prima cosa di cui ho bisogno è tantissimo silenzio, di un tavolo, una sedia, un foglio e una matita. Il primo momento di silenzio non è così silenzioso perché mi si affollano molti pensieri. Anzi in realtà è un vero casino a volte e devo fare ordine. Ma le parole mi aiutano tantissimo a fare ordine. Spesso per iniziare a scrivere si può prendere una parola. Una specie di parola guida, una parola che bisogna ascoltare e dalla quale ci si può allontanare ma alla quale bisogna ritornare. Ad esempio, prendiamo la parola “serenità”. A che ci fa pensare? Chiudete gli occhi e pensate alla parola serenità. Cosa vedete?»
Bambini: «La montagna! Una chiesa! Un bosco! Un mondo distorto! Un museo! Un fiume! Uno sgabuzzino! Un prato con tanti animali! Volare nel cielo! Dormire ricoperti dalla neve! Una biblioteca! Una casa abbandonata! Una casa gonfiabile! La spiaggia»
Tiziana: «Vedete, la prima immagine di serenità è molto legata alla natura: i fiori, gli animali, il sole, la spiaggia. È un posto dove uno va per rilassarsi. Poi l’acqua: il mare, un fiume. E poi ci sono i posti chiusi che implicano la concentrazione. Ad esempio una chiesa. In chiesa preghi, bisogna stare zitti e concentrarsi. O in una biblioteca, dove leggi. O in uno sgabuzzino, dove ti puoi sentire rilassato, isolato, oppure come se tu fossi un grande orecchio puoi ascoltare molte cose e con la luce spenta puoi anche non vedere il caos».
Bambino: «Io in uno sgabuzzino mi sento rilassato. Ti chiudi e non senti niente. Ci sto con la luce spenta, e dentro ci tengo una coperta e un cuscino!»
Tiziana: «quando vi ho chiesto di chiudere gli occhi volevate aprirli subito? Non volevate aprirli. Siete stati in silenzio e immobili ed io ho aspettato a battere le mani per richiamarvi. Eravate tutti concentrati e i vostri visi dicevano molte cose del mondo a cui stavate pensando. Ma nessuno ha detto una parola mentre pensava non vedendo niente e avevate la faccia molto distesa e sentivo anche che potevate pensare quello che volevate. Dalla serenità è venuto fuori il silenzio, e dal silenzio è venuta fuori un’idea di libertà. Libertà perché c’era silenzio e nel silenzio la solitudine. Era un silenzio, ma non un silenzio assoluto. Un silenzio che io chiamo partecipato, dove senti anche quello che ti circonda. La cosa più poetica che avete detto è stata dormire sotto la neve. È un’espressione bellissima ed inusuale perché con gli occhi vediamo, ma ci vuole un’altra vista per rendere possibile l’impossibile. Chiudete gli occhi e immaginate di dormire sotto la neve. Cosa sentite?
Bambini: «Bianco! Morbidezza! La coperta è fredda! Mah, ti congeli! Diventi un ghiacciolo!»
Bambino: «E che mi posso immaginare? Che mi prendo l’influenza!»
Tiziana: «Ok, ma tolte le sensazioni fisiche, cosa immaginate?»
Bambini: «Ansia; Paura! Fare un tunnel! Una città dove puoi vivere!»
Tiziana: «Se vi concentrate, riuscirete a vedere tutte le immagini che vi vengono in mente a partire da una sola parola. Prendete la parola di oggi, serenità. Avete visto dove siamo arrivati? È un po’ come le matrioske, avete presente? Ogni parola ne contiene delle altre. È questo il potere delle parole! Ma solo quando le avvolgete nel silenzio, perché nel silenzio anche loro si concentrano e vengono a dirvi qualcosa che magari non sapevate. È questo il bello della scrittura»