Lo scrittore si racconta: Alessandro Zaccuri


Le domande dei ragazzi della scuola media Puecher di Milano ad Alessandro Zaccuri, ospite al laboratorio della Grande Fabbrica delle Parole

 Come nasce un libro?

– Per me nasce su un foglio dove scrivo l’elenco dei personaggi, la linea del tempo e l’elenco dei particolari per non sbagliare, tipo che una persona esce di casa con una 500 e torna con una Porsche –

 Io credevo che uno prendesse dei fogli e cominciasse a scrivere!

– Non è solo questo. È come quando cucini una pastasciutta con quello che trovi in casa: il risultato sarà così così, anche se è pur sempre una pasta. Questo è il rischio. Meglio pensare prima a cosa si vuole cucinare, procurarsi gli ingredienti giusti. E così funziona nella scrittura. Ogni scrittore ha i propri difetti che conosce come io conosco i miei. Uso troppi ‘però’, ad esempio, e quindi rileggo sempre e correggo. Scrivere un libro non è togliersi una soddisfazione, ma farsi ascoltare dagli altri e quindi serve che tutto sia organizzato, comprensibile ed equilibrato. Un altro esempio. Mentre scrivo, mi accorgo che ci sono dei personaggi che mi piacciono più di altri e che riesco a far esprimere meglio. Ecco, con loro devo trattenermi e non esagerare. La cosa che faccio meglio in assoluto è leggere e così scrivo di conseguenza: scrivo perché gli altri mi leggano. In un altro libro che ho scritto (Il signor figlio) invento storie immaginarie su personaggi reali, tipo Leopardi. Era un gioco che mi è piaciuto, ma ho dovuto adattarlo sapendo che era destinato a chi l’avrebbe letto -.

 Lo scrittore sa molte più cose dei personaggi rispetto a quello che poi scrive?

– Sono i personaggi a sapere molto di più del loro autore, in realtà! Ci sono libri che nascono dal finale e altri in cui il finale è un mistero anche per lo scrittore. Per me vale la seconda. A me interessa la storia per arrivarci, al finale, ed è per questo che è utile conoscere a fondo i personaggi, indipendentemente da quanto ne racconteremo nel libro. Bisogna evitare di scrivere ‘gente’, e ‘cose’. Si deve invece raccontare delle ‘persone’ come individui, e dare agli oggetti il loro nome. Così si racconta un mondo. Dopo aver scritto il libro su Leopardi ne ho scritto uno sul festival di Sanremo. L’ho fatto con lo stesso scrupolo, anche se dire che Leopardi indossava il tabarro e che un cantante veste jeans di Calvin Klein non sembrano la stessa cosa. Saperne di più aiuta il lettore -.

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 Ha mai scritto qualcosa pensando che fosse la cosa migliore mai fatta e poi si è reso conto che non la era e ha buttato via tutto il giorno dopo?

– Succede proprio così, anche se non butto ma metto da parte. Non bisogna scoraggiarsi, ma ammettere l’errore e ripartire. Io scarto molti inizi, ad esempio. Anche belli a volte, ma che non sono utili alla storia che voglio raccontare. E serve sempre qualcuno che corregga lo scrittore proprio per questo, per fargli capire quando sta sbagliando -.

 Ci sono ragazzi che non vogliono essere corretti e si offendono

– Li capisco. Anche io alle medie pensavo di scrivere già bene. Ma mi rendo conto che se oggi scrivessi ancora a quel modo non sarebbe la stessa cosa. Le correzioni servono a migliorare -.

 Come fa a concentrarsi?

– Per prima cosa ho bisogno di silenzio. Spengo il telefono e non guardo internet. Scrivo al mattino, prima di andare al lavoro, per due ore (4 pagine se è una buona giornata, altre volte 2 raramente 6 o 8) e correggo alla sera. Quando la storia è già avviata, ogni sera prima di addormentarmi cerco di pensare a cosa scrivere il giorno dopo -.

 Due ore al giorno per scrivere: non è poco?

– Dipende. Oltre un certo numero di pagine una giornata comunque non rende e poi uno usa il tempo che ha. Con due ore al giorno, comunque, un libro in un anno è finito anche se mi è capitato di scriver un libro in due settimane. Altre volte in sei mesi -.

 È sposato?

– Sono sposato e ho tre figli. Per questo scrivo al mattino quando sono tutti fuori e la casa è libera.

 Come fa a scrivere una storia per tante pagine?

– Una storia ha bisogno di ostacoli da superare. Tempo fa il comico Massimo Troisi raccontava che dalle sue parti, a Napoli, ci si fidanzava quando una ragazza a cui chiedevi di accompagnarla a casa ti diceva di no, perché allora potevi chiederle il motivo di quel rifiuto e farle tante altre domande su quel no. Così, alla fine, l’avevi accompagnata a casa e ti fidanzavi. Se avesse detto di sì il discorso sarebbe finito subito e fine della storia. Per fare qualche esempio, Il signore degli anelli è un susseguirsi di ostacoli, così come l’Odissea -.

 Come si supera il blocco dello scrittore?

– A me per ora non è mai successo perché ho più idee che tempo. Forse succede di più agli sceneggiatori di film e fiction, che devono rispettare tempi stretti. O chi ha avuto troppo successo. Se capita, però, serve rileggere e documentarsi di più -.

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 Capita di cambiare grosse parti di un libro?

– Succede. A me aiuta lo schema che dicevamo all’inizio. Altri scrivono tutto da capo -.

 Le è mai successo di non finire una storia?

– Ne ho un paio non finite. Ogni storia ha il suo tempo per essere scritta. Ci sono idee e il loro momento buono. Ci sono inizi che perdono significato o che possono turbare -.

 Quanti libri ha scritto?

– Una decina. Tre romanzi, alcuni saggi, dei racconti e libri per ragazzi. Mi piace scrivere per ragazzi -.

 Guadagna tanto?

– Con i libri no, vivo facendo il giornalista. Con alcuni libri non ho guadagnato nulla. In Italia gli scrittori che riescono a mantenersi con i libri che scrivono sono una decina e molte volte sono avvantaggiati dal fatto che i loro libri vengono trasformati in film e questo garantisce altri incassi oltre alla percentuale sulle copie vendute. In Italia un autore “normale” può arrivare a vendere 5/6000 copie. I libri in lingua inglese sono venduti in tutto il mondo e quindi è un po’ più facile guadagnare. Comprate più libri cosi gli scrittori guadagneranno di più! –

 Cosa pensa degli ebook?

– Allo scrittore convengono perché aumenta la percentuale di guadagno, anche se diminuisce il prezzo. Le due cose un po’ si compensano. Sono una bella invenzione per chi legge molto. È uno strumento che va usato e favorito come è stato per internet che oggi influenza chiunque scriva. Siamo oggi nella stessa posizione che si viveva un secolo fa tra teatro e cinema -.

 Io i nomi per i miei racconti li cerco su internet

– Io li cercavo sull’elenco del telefono, una volta. In Italia non funziona come per l’inglese, dove si usano spesso nomi ‘parlanti’ come Harry Potter dove pot è il pentolone che si usa per gli esperimenti di magia. Da noi non sono traducibili e suonerebbero stupidi. C’è una scrittrice famosa, Donna Tartt, che nel suo romanzo Il cardellino racconta di molti posti nel mondo. Quando le hanno chiesto se lei avesse visitato tutti questi posti lei ha risposto di no e che aveva trovato tutto facilmente su internet senza dover viaggiare! –

 Come si comincia una storia?

 – Ci sono dei giochi per iniziare. Uno è prendere tre nomi e metterli in relazione. Magari due ‘vicini’ e uno no. Tipo: in viaggio, il mio vicino apre la valigia e al suo interno ci sono un pc, una memoria esterna e una carota. Perché una carota? Cosa c’entra? O quaderno, matita e ventilatore. Poi serve osservare e immaginare una scena. Ad esempio: la mia vicina di casa esce sempre la stessa ora a portare un sacco della spazzatura. Ma se un giorno cambia l’ora? O se i sacchi sono due? Cosa è successo? E infine partire da una frase e costruirci una storia. Chi l’ha detta? Perché? Bisogna sempre immaginare qualcosa di imprevedibile.

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